
Immobili locati, concessi in leasing, comodati, assegnati al coniuge non proprietario o gravati da usufrutto, chi paga le spese condominiali?
Anche a seguito della Riforma è l'art. 1123 c.c. a dettare le regole secondo le quali ripartire le spese condominiali tra i singoli condomini, sulla base di tre criteri principali: ripartizione in proporzione al valore della proprietà, in ragione dell'uso che ogni condomino può fare delle cose comuni e del godimento che può trarne.
Il primo comma dell'art. 1123 c.c. enuncia il criterio generale di ripartizione delle spese condominiali necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza che vanno sostenute da tutti i condomini "in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione".
Il secondo ed il terzo comma del medesimo articolo disciplinano, invece, due ipotesi particolari. Il secondo comma afferma che "se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne". Si tratta di un criterio di ripartizione delle spese volto a limitare quella proporzionalità secca prevista nel primo comma.

Se i beni comuni sono destinati a servire i condomini in misura diversa (c.d. uso differenziato), le spese sono ripartite in proporzione dell'uso (potenziale, non effettivo) che ciascuno può farne. Infatti, non tutti i beni sono posti a servizio dei vari condomini in eguale misura, l’esempio più classico è quello relativo alle scale e agli ascensori: chi si trova ai piani più alti, deve corrispondere un contributo superiore, per il maggior uso che fa del bene comune (scale o ascensore). La disposizione non fa riferimento all’uso effettivo della cosa, ma a quello potenziale.
Il terzo comma, infine, specifica che "qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità".
La ripartizione può avvenire dunque anche in base all’uso separato, ad esempio, nell’ipotesi in cui un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato.
A tal proposito, si parla di condominio parziario (o parziale). Ebbene, in questi casi, le spese condominiali relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità, ossia che ne fa un uso separato (art. 1123 c. 3 c.c.).
L'inciso, "salvo diversa convenzione", inserito nel primo comma dell'art. 1123 c.c., ha esplicitamente previsto la derogabilità ai principi generali di ripartizione delle spese condominiali fissati dallo stesso articolo.
Secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, poiché l'art. 1123 c.c. nel consentire la deroga convenzionale ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali non pone alcun limite alle parti, deve ritenersi legittima la convenzione che ripartisca le spese condominiali tra i condomini in misura diversa da quella legale, purché contenuta in una delibera assembleare approvata all'unanimità da tutti i condomini, ovvero l'espressa convenzione posta in essere in esecuzione di una disposizione del regolamento condominiale di natura contrattuale (Cfr. Cass. Civ. Sez. II, 23/12/2011, n. 28679).
Ma chi è tenuto al pagamento delle spese condominiali?
Sappiamo che l’amministratore di condominio può esigere il pagamento delle spese condominiali dal proprietario. Tuttavia non è infrequente che un immobile sia concesso in locazione o sia in leasing o in comodato o sia assegnato al coniuge separato non proprietario o abbia un nudo proprietario e un usufruttuario. Di seguito, analizziamo brevemente su chi grava l’obbligo di contribuzione a seconda della situazione.
Ai sensi dell’art. 9 legge 392/1978 gravano sul conduttore, oltre alla corresponsione del canone locatizio, i cosiddetti oneri accessori il cui pagamento deve avvenire entro 2 mesi dalla richiesta. Trattasi delle spese condominiali relative: alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell'aria, al servizio di pulizia, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, alla fornitura di altri servizi comuni di cui abbia il godimento (le spese per il servizio di portineria – ove presente– sono a carico del conduttore nella misura del 90%, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore).
Normalmente, sono a carico del locatore le spese di straordinaria amministrazione (ad esempio il rifacimento della facciata), mentre restano a carico del conduttore gli esborsi di ordinaria amministrazione (come la pulizia delle scale). L’amministratore, in caso di morosità, agisce per il recupero delle spese condominiali impagate nei confronti del locatore, in qualità di proprietario dell’immobile.
Il leasing presenta numerose affinità con la locazione, non a caso si parla di “locazione finanziaria”. Si tratta di un contratto tra concedente (figura simile al locatore) e utilizzatore (figura simile al conduttore), in cui quest’ultimo prende in godimento un bene, dietro corresponsione di un canone periodico. L’utilizzatore si assume il rischio del perimento e del cattivo funzionamento del bene. Come nella locazione, sono a carico dell’utilizzatore le utenze (contratti di luce, gas, acqua et cetera). Circa le spese condominiali il pagamento dei contributi condominiali grava sempre e comunque sul proprietario dell’unità immobiliare (ossia sul concedente), a prescindere da qualsivoglia accordo di diversa natura concluso nel contratto di leasing (Trib. Milano, Sez. XIII, 22/6/2017, n.7100).
Concedente ed utilizzatore possono infatti ben inserire nel regolamento contrattuale una clausola per cui le spese condominiali spettino all’utilizzatore; nondimeno, tale pattuizione assume un’efficacia meramente interna (ovverosia solo tra concedente e utilizzatore) e non è opponibile ai terzi né verso il Condominio. L’amministratore, per il recupero dei crediti condominiali deve agire verso il proprietario, il quale, una volta corrisposte le spese, può agire in regresso nei confronti dell’utilizzatore (Cass. Civ., Sez. II, 9/12/2009 n.25781).
Il comodato è il contratto disciplinato dall’art. 1803 c.c. con cui il comodante (proprietario) consegna al comodatario un bene, mobile o immobile, (ad esempio, un appartamento), affinché questi se ne serva, con l’obbligo di restituirlo. Si tratta di un contratto essenzialmente gratuito, infatti, allorquando venga richiesto un corrispettivo, si ricade nello schema negoziale della locazione.
Quando il bene concesso in comodato è un alloggio sito in Condominio, il comodatario è tenuto agli obblighi di custodia e conservazione del bene e a sopportare le relative spese. La ripartizione degli oneri, nei rapporti interni tra le parti contrattuali, è la seguente: sul comodatario gravano le spese di ordinaria manutenzione (art. 1808 c. 1 c.c.) mentre sul comodante (ossia sul proprietario) gravano le spese straordinarie (art. 1808 c. 2 c.c.). Anche in questo caso, come avviene per la locazione, l’amministratore, in caso di morosità, agisce per il recupero delle spese condominiali insolute nei confronti del comodante, in qualità di proprietario dell’immobile.
Può capitare che l’immobile ubicato in condominio sia di proprietà di uno solo dei coniugi e, durante la separazione, il giudice assegni la casa in godimento al coniuge non proprietario, in quanto collocatario della prole. In questi casi il coniuge non proprietario, in quanto collocatario della prole, è l’assegnatario dell’immobile (ossia, vi risiede), mentre il proprietario è tenuto a trasferirsi altrove. In tal caso le spese ordinarie, di uso e godimento dei beni comuni gravano sul coniuge assegnatario, mentre le spese straordinarie spettano al titolare del bene (Cass. Civ., Sez. I, 3/06/1994 n.5374).
Sul punto, preme ricordare che il coniuge assegnatario dell’immobile gode di un diritto di abitazione (art. 1022 c.c.). Si tratta di una forma particolare di usufrutto, in cui il titolare ha il diritto di abitare una casa, limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia e al diritto di abitazione si applicano, in quanto compatibili, le norme in materia di usufrutto (art. 1026 c.c.). In particolare, l'art. 1004 c.c. pone in capo all'usufruttuario – e quindi anche al titolare del diritto di abitazione – le spese relative alla custodia, all'amministrazione ed alla manutenzione del bene dalla data di costituzione del diritto di abitazione (Cass. Civ., Sez. II, 20/04/2017 n. 9998).
L' usufrutto (art. 978 e ss. c.c.) è un diritto reale minore che consiste nel diritto di godere della cosa altrui (ossia, del bene del nudo proprietario) con l'obbligo di rispettarne la destinazione economica. L'usufruttuario utilizza il bene come se ne fosse il proprietario, fatta salva l'intangibilità della destinazione economica.
Nel caso in cui l’immobile concesso in usufrutto si trovi in condominio, per la legge, il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all'amministrazione condominiale (art. 67 c. 8 disp. att. c.c.). Pertanto, l'amministratore può esigere gli oneri condominiali sia dall'usufruttuario che dal nudo proprietario, in quanto sono condebitori solidali. La norma è volta a facilitare la riscossione delle spese condominiali da parte dell’amministratore, ma non incide sui rapporti interni tra l’usufruttuario e il nudo proprietario. Infatti, il soggetto che abbia pagato in luogo dell’altro – in forza della responsabilità solidale – può agire in regresso contro il condebitore. Circa la ripartizione tra le parti delle spese condominiali spettano all'usufruttuario le spese relative alla custodia, alla manutenzione ordinaria, alle riparazioni, ai canoni, alle imposte, alle rendite fondiarie e agli altri pesi che gravano sul reddito (artt. 1004, 1008 c.c.); mentre gravano sul nudo proprietario le spese di straordinaria amministrazione, ossia «quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta» (Cass. Civ., Sez. II, 11/8/1998 n.7886; Cass. Civ. Sez. II, n. 22703), nonché gli oneri relativi al rifacimento della facciata condominiale (Cass. Civ. Sez. II, n. 16774/2013) e le spese per le innovazioni.
Ricapitolando, la ripartizione delle spese condominiali può così riassumersi: nei rapporti con il Condominio, il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente (art. 67 c. 8 disp. att. c.c.) ovverosia l’amministratore può agire contro entrambi; nei rapporti interni (tra usufruttuario e nudo proprietario) valgono invece le regole generali di suddivisione delle spese (artt. 1004, 1005 c.c.) e pertanto chi abbia pagato spese di competenze dell’altro potrà agire in regresso verso costui.
Avv. Simonetta Intonato